L’antichità sparita è Pompei. La città riportata alla luce dopo la distruzione vulcanica, testimonia tutto il fascino della storia di questa realtà fortemente urbanizzata della quale ne è stata ricostruita la vita degli abitanti in ogni dettaglio. Dunque uno spaccato sul quale vogliamo soffermarci per celebrare l’antico che a distanza di millenni comunque affascina.
Pompei ha origini antiche quanto quelle di Roma. I primi insediamenti stabili, infatti, risalgono all’VIII secolo a.C. quando gli Osci, uno dei primi popoli italici, costruirono le proprie abitazioni, dando origine al primo nucleo della città, sulla piattaforma di lava solidificata fuoriuscita nei secoli precedenti dal vicino vulcano Vesuvio. Luogo di passaggio obbligato tra il Nord e il Sud, tra il mare e le interne ricche vallate, ben presto Pompei divenne importante nodo viario e portuale e, pertanto, ambita preda per i potenti stati confinanti. Primi a sottomettere Pompei furono i Greci: nel VI secolo a.C. essa divenne una colonia greca e un florido centro di commerci. I Greci iniziarono un nuovo Foro, cioè il Foro triangolare, e continuarono più o meno ordinatamente il tracciato viario. Dal 527 al 474 a.C. ai Greci subentrarono gli Etruschi. Come i Greci, anche gli Etruschi non conquistarono militarmente la città, ma si limitarono a controllarla. Sotto gli Etruschi vennero fortificate le mura. Dal 474 a.C. al 424 a.C. Pompei fu di nuovo sotto l’influsso dei Greci. I Greci le diedero un nuovo assetto urbanistico e promossero un ulteriore sviluppo delle attività commerciali. Nel 424 a.C. Pompei venne invasa dalla popolazione dei Sanniti provenienti dalle zone interne dell’Abruzzo e del Molise. Sotto di loro la città si fortificò e raggiunse la massima espansione territoriale: il perimetro urbano oggi indicato dagli scavi è quello risalente al periodo dell’occupazione sannitica. Nel 310 a.C., quando i Romani mossero guerra contro i Nocerini, i Sanniti di Pompei si schierarono a favore di questi ultimi, i quali, dopo una prima vittoria, furono costretti a capitolare: Pompei, pur governata dai Sanniti, entrò a tutti gli effetti nell’orbita romana, a cui restò fedele anche durante la terza guerra sannitica e nella guerra contro Pirro. Ribellatasi con la Lega Italica nell’89 a.C., Pompei venne espugnata da Silla e, pur salvandosi dalla distruzione, perse ogni residua auonomia divenendo una colonia romana. Nonostante tante travolgenti vicissitudini politiche, Pompei continuò incessantemente il suo sviluppo da modesto centro agricolo a importante nodo industriale e commerciale.
La prima vera grande sciagura sopravvenne con il terremoto del 62 d.C. che provocò numerosi danni e crolli. I cittadini superstiti riuscirono ben presto a riattivare le attività industriali, commerciali e a ricostruire la citta semidistrutta. Stavano provvedendo ad ultimare e ad ampliare i templi quando improvvisamente sopraggiunse la seconda e irreparabile sciagura: il Vesuvio, da secoli considerato un vulcano spento e quindi ricco di vigneti e di ville rustiche e di residenze sontuose, il 24 agosto (per i naturalisti il 24 novembre) del 79 d.C. si ridestò improvvisamente ed esplose con una potenza inesorabilmente distruttrice. Un diluvio di lapilli e scorie incandescenti si riversò su Pompei. Nel buio completo la scena apocalittica è esaltata da fulmini, terremoti e maremoti. Crollarono mura e tetti e poi un’ondata di cenere mista ad acqua cancellò ogni forma di vita. I pochi supersiti che cercarono scampo verso Stabia e Nocera vennero raggiunti e uccisi dai gas velenosi che si propagarono ovunque. Questo inferno durò tre giorni e poi silenzio. Plinio il Giovane ne diede una descrizione impressionante in una lettera indirizzata allo storico latino Tacito, scritta trent’anni dopo l’accaduto, raccontando anche la fine tragica dello zio (Plinio il Vecchio) che, trascinato dalla passione scientifica, accorse con una nave ad osservare da vicino lo spaventoso fenomeno e morì .
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